CON L’ANIMA DELLO STESSO COLORE

di Viviana Guarini

Erano gli ultimi giorni di Maggio. La calda aria estiva incominciava a farsi sentire sulla pelle, nei ricordi, nei sogni ad occhi aperti. Nei bagni a mare desiderati, nei nuovi amori solo immaginati, nelle gonne svolazzanti di giovani donne incuranti del mondo e del suo giudizio.
Giulia aveva i capelli rossi come il rame, gli occhi grandi e neri come la pece, le mani esili e delicate e le labbra a forma di cuore. Così perfetta da sembrare disegnata da un Michelangelo.
Quel venerdì sera decise di indossare il suo vestito più bello e di uscire con le sue amiche, per qualche ora all’insegna della spensieratezza.
« Alle 20.30 pronta, ti passiamo a prendere per andare a cena in quella trattoria che ci piace tanto ».
Il messaggio di Federica arrivò puntuale alle 19.00, come ogni venerdì sera, con tono perentorio, senza possibilità di replica alcuna.
Giulia ritoccò la matita sui suoi occhi, mise un leggero lucidalabbra ed era già pronta alle 20.25. Sempre in anticipo sul mondo, senza sconti sulle utopie.
Federica, con la sua cinquecento decappottabile, era già giù, anche lei sempre in anticipo.
Forse era per questo che erano diventate amiche.
Arrivarono in trattoria alle 20.45, nonostante il tavolo fosse prenotato per le ore 21.00. Un cameriere giovane, alto quasi 1.80, le accolse con un sorriso sornione.
«Benvenute ragazze. Avete prenotato? » domandò il giovane senza staccare gli occhi, neanche per un secondo, dallo sguardo di Giulia. Sembrò essersi ipnotizzato.
« Sì, a nome di Rossi » , replicò celere Federica, dando una gomitata complice alla sua amica, approfittando della distrazione del giovane cameriere mentre cercava il loro nome nel foglio prenotazioni.
« Qui non risulta nessuna prenotazione » rispose perplesso il giovane, mentre il suo sguardo era tornato a posarsi nuovamente su quello di Giulia.
« Guardi è impossibile, ha prenotato la nostra amica più di due ore fa ». Proprio mentre aveva terminato di pronunciare quelle parole, ecco che squillò il cellulare di Federica.
« Pronto Ele? Ma dove sei? TI stiamo aspettando! Pronto? Mi Senti? Aspetta.. non prende bene esco un attimo fuori » e uscì dalla porta principale lasciando soli il giovane cameriere e Giulia.
Le guance di GIulia, che sino a quel momento non aveva proferito parola, divennero rosse. «Piacere, Angelo » esordì il giovane cameriere porgendole una mano.
« Piacere.. Giulia » e le sue guance si infiammarono.
« É la prima volta che venite qui? »
« In realtà no, ci veniamo almeno una volta al mese. Però adesso è da un po’ che non ci facevamo ritorno » . « E infatti, io lavoro qui da 3 mesi e non vi ho mai viste. Me ne sarei certamente ricordato », rispose Angelo con tono malizioso.
« Eleonora ha fatto un casino, come al solito » sbraitò Federica che nel frattempo era rientrata. « Ha prenotato in una trattoria dall’altra parte della città, avendo confuso il nome. Ci scusi, ma non ci sarebbe per caso un tavolo da tre? Siamo disposte a pagare anche il supplemento. La supplico, erano mesi che aspettavamo di tornare qui per assaporare quelle
splendide polpette di pane al sugo ».
« Vediamo cosa riesco a fare, aspettatemi qui » replicò Angelo con un sorriso a 32 denti.
« Giulia, ma hai visto come ti guardava? ».
« Ma che dici Fede, ti stai facendo i tuoi soliti film ».
« Si certo, come no, non ha fatto altro che squadrarti dall’istante in cui siamo entrate. Ma poi è bellissimo! Lo hai visto? ».
« Mmm, si dai, carino ».
«S ei la solita contenuta ».
« Siete fortunate ragazze. Vi ho trovato un tavolino libero, però è vicino alla cucina ».
« Beh se ci porti qualche piatto di nascosto, per noi va benissimo » , replicò ridendo Federica, mandando totalmente a fuoco le guance di Giulia.
Giulia era una ragazza semplice, timida ma forte come un uragano. Si era laureata in economia e commercio ed era un’attivista nella lotta al caporalato. Sin da ragazzina aveva impegnato gran parte del suo tempo per combattere i soprusi nei confronti di anime fragili, che da decenni si abbattevano tra le campagne della sua amata Puglia. Le sue amiche, ridacchiando, la chiamavano la Giovanna d’Arco del tavoliere. Lei, che non amava i riflettori, si limitava sempre e soltanto a rispondere con un ghigno.
« Allora signorine, per allietare l’attesa vi ho portato le famosissime polpette di pane al sugo.
La salsa con cui sono condite è una salsa speciale della grande famiglia Iamme ».
« Cosa sarebbe la famiglia Iamme? » chiesa perplessa Federica. Giulia invece sorrise stupita e replicò « Iamme è la prima filiera etica pugliese contro il caporalato » .
Da canto suo anche Angelo rimase stupito. « Brava. Come fai a conoscerla? »
« Sono da anni un’attivista volontaria nella lotta al Caporalato. Conosco tutto ciò che gli gravita attorno, di brutto e, ogni tanto, di bello, come Iamme » .
« Sono stato io a proporre a questa trattoria di utilizzare esclusivamente prodotti Iamme. Mio papà era un Medico senza Frontiere. Per anni ha sacrificato la sua vita per aiutare chi ne aveva davvero bisogno, toccando con mano la fragilità delle terre africane ».
Si guardarono, complici, per un tempo che sembrò eterno. Come quando riesci, senza troppe parole, a riconoscerti in due occhi che non sono i tuoi, ma che hanno lo stesso colore della tua anima.
Durante tutta la cena Giulia non fece altro che scrutare di nascosto quel cameriere sconosciuto che con poche battute era riuscito a catturare la sua attenzione e a farle battere, in maniera impensabile, il cuore. Lei, che da tanto forse troppo tempo ormai, aveva chiuso nel cassetto dei “mai più” l’amore, che si era ripetuta “meglio sola”. Lei che aveva innalzato tutte le barriere del mondo pur di non aprire ancora quel mondo bellissimo e fragile che nascondeva dietro quella corazza di timidezza.
A fine serata Angelo si avvicinò per portare il conto alle tre amiche e in maniera del tutto spontanea, porse un bigliettino a Giulia con il suo numero. « Mi farebbe piacere rivederti », disse con dolcezza e fermezza, una combo micidiale per quelle come Giulia. Fragili e forti, bimbe già donne, da sempre, in anticipo sul mondo.
4 anni dopo « Luca vai piano, ti sporchi tutto così ».
Luca aveva 3 anni, aveva i capelli ricci come il papà e di colore rosso rame come la mamma. Scorrazzava tra i campi della Capitanata, gli stessi in cui una bandiera bella, come quella della liberazione, svolazzava al vento con incise cinque lettere: “Iamme”.
« Giulia, guarda che capolavoro che abbiamo tirato su: ha preso tutto dalla mamma. Già respira a pieni polmoni l’aria della libertà, e questo lo rende meraviglioso. Proprio come te ».
Giulia nonostante gli anni insieme, non si era mai abituata ai complimenti di Angelo e, ogni dannatissima volta, arrossiva ancora come quella prima meravigliosa volta, in cui il filo rosso del destino li aveva fatti incontrare. E il destino, quando poi esplode, sa essere bellissimo.
Non importa quanto tempo occorre: il filo rosso riesce sempre, alla fine, a condurci sulla strada alla quale eravamo destinati.

 

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